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30/10/2016

Terremoto : perchè avviene e come difendersi

 Oggi nell'Italia centrale si sono ripresentate le ennesime scosse telluriche. Un importante riepilogo su un fenomeno con cui abbiamo avuto sempre a che fare e che dovremo subire anche in futuro.
 
 
ingvterremoti.wordpress.com

FAQ – Domande frequenti sui terremoti

Cos’è il terremoto?
Le onde sismiche
Come avvengono i terremoti?
Magnitudo o Intensità?
Quale magnitudo?
Quanto dura un terremoto?
Come si calcola l’epicentro di un terremoto?
Dopo quanto tempo da un terremoto vengono determinati ipocentro e magnitudo?
E dopo quanto tempo queste informazioni sono disponibili sui siti web dell’INGV e nell’App INGVterremoti?

Dove avvengono i terremoti in Italia?
I più forti terremoti in Italia dal 1900 in poi
Il monitoraggio sismico e l’INGV
La pericolosità sismica
Le zone sismiche
Cos’è il rischio sismico?
IO NON RISCHIO – Buone pratiche di protezione civile
Cosa fare prima
Durante un terremoto
Dopo un terremoto
E’ possibile ricevere notifiche sul proprio telefono/smartphone non appena ipocentro e magnitudo di un terremoto sono disponibili?

 Cos’è il terremoto?

Le rocce che formano la crosta terrestre subiscono continuamente giganteschi sforzi, che sono il risultato di lenti movimenti tra le grandi placche in cui è suddiviso lo strato più superficiale della Terra.
Quando gli sforzi superano il limite di resistenza delle rocce, queste si rompono all’improvviso liberando energia che si propaga, sotto forma di onde sismiche, dall’ipocentro in tutte le direzioni, generando il terremoto.
Figura01_FAQ
Cos’è il terremoto?
Qualche volta la frattura che genera il terremoto, chiamata faglia, è visibile in superficie e forma la scarpata di faglia, una deformazione permanente che è l’effetto del processo avvenuto in profondità.

 Le onde sismiche

La rottura delle rocce libera una enorme quantità di energia, che a sua volta genera delle potenti oscillazioni che si propagano nella Terra: le onde sismiche. Un terremoto ne genera diversi tipi. Le principali sono le onde P e le onde S. Le onde P (come “Prime”) fanno vibrare il suolo nella stessa direzione in cui si propagano; comprimono e dilatano in successione le rocce che attraversano, come una fisarmonica. Invece le onde S (come “Seconde”) fanno vibrare le rocce perpendicolarmente rispetto alla loro direzione di marcia, come una corda che viene scossa.
Onde P e S
Onde P e S
Le onde P sono più veloci delle onde S (circa 1.7 volte), quindi sono le prime ad essere registrate dai sismometri, seguite dalle onde S. Per ultime arrivano le onde superficiali, che si propagano solo sulla superficie terrestre. Le onde sismiche attraversano gli strati della Terra variando la velocità e anche la loro direzione a seconda della densità dello strato che attraversano: maggiore è la densità, maggiore è la velocità e diversa è la direzione di propagazione. Andando verso il centro della Terra, il passaggio da uno strato all’altro fa sì che i raggi sismici non percorrano traiettorie dritte ma curve.
Il percorso dei raggi sismici
Il percorso dei raggi sismici
Le onde sismiche producono effetti sull’uomo e sull’ambiente, e sono anche la migliore fonte di informazione per studiare l’interno della Terra. Dall’inizio del XX secolo le tecniche di registrazione delle onde sismiche e i metodi per interpretarle hanno fatto grandi progressi. Grazie ad essi abbiamo potuto capire qual è la struttura profonda della Terra.

 Come avvengono i terremoti?

La Terra è costituita da strati con caratteristiche molto diverse tra loro: i principali sono crosta, mantello e nucleo. La crosta e la parte più esterna del mantello costituiscono la litosfera: i terremoti nascono qui. Le rocce che formano la crosta e il mantello superiore subiscono continuamente giganteschi sforzi, che sono il risultato di lenti movimenti tra le grandi placche in cui è suddiviso lo strato più superficiale della Terra.
Figura04_FAQ
Le placche tettoniche e i loro movimenti
Tali movimenti sono prodotti dai moti convettivi del mantello che spingono e trascinano le placche generando sforzi che sono massimi vicino ai confini tra le placche stesse e minimi al loro interno.
La struttura interna della Terra e i moti convettivi
La struttura interna della Terra e i moti convettivi
Le rocce che formano la crosta hanno un limite di resistenza e quando gli sforzi superano questo limite le rocce si rompono. La frattura si propaga in modo rapido e violento, generando il terremoto, cioè liberando energia sotto forma di onde elastiche.
Il terremoto e le forze in gioco
Il terremoto e le forze in gioco

 Magnitudo o Intensità?

La grandezza di un terremoto si misura con due valori diversi: la magnitudo e l’intensità. La magnitudo (ideata nel 1935 dal famoso sismologo statunitense Charles F. Richter) si usa per misurare quanto è stato forte un terremoto, cioè per stimare quanta energia elastica quel terremoto ha sprigionato. Infatti fra la grandezza, o magnitudo, e l’energia di un terremoto c’è un rapporto matematico molto particolare. Ogni volta che la magnitudo sale di una unità l’energia aumenta non di una, ma di circa 30 volte. In altre parole, rispetto a un terremoto di magnitudo 1, un terremoto di magnitudo 2 è 30 volte più forte, mentre uno di magnitudo 3 è 30 per 30 volte, cioè 900 volte più forte!
Magnitudo Richter ML
Magnitudo Richter ML
La massima magnitudo mai misurata, pari a 9.5, è quella del terremoto del Cile nel 1960. I più piccoli terremoti percepiti dall’uomo hanno magnitudo molto basse (intorno a 2.0), mentre quelli che possono provocare danni hanno in genere una magnitudo superiore a 5.5.
L’altro modo per misurare un terremoto è secondo la sua intensità. Ad essere presi in esame qui sono gli effetti sull’ambiente, sulle cose e sull’uomo. Se la magnitudo di un certo terremoto è solo una, l’intensità invece può cambiare da luogo a luogo, secondo quel che è successo a cose e persone; in genere, più ci si allontana dall’epicentro e più diminuisce. L’intensità di un terremoto viene espressa con la scala Mercalli, dal nome del sismologo italiano che, all’inizio del XX secolo, diffuse a livello internazionale la classificazione dei terremoti secondo gli effetti e i danni che producevano. Questa scala, successivamente modificata da Cancani e Sieberg, si compone di dodici gradi: più alto il grado, più disastroso il terremoto.
Scala Mercalli-Cancani-Sieberg (MCS)
Scala Mercalli-Cancani-Sieberg (MCS)
Per stimare l’intensità di un terremoto bisogna osservare e valutare gli effetti che esso ha causato in tutta l’area interessata. Per questo squadre di tecnici specializzati compiono ricognizioni nella zona colpita da un terremoto e raccolgono dati per realizzare delle mappe (mappe macrosismiche) in cui le diverse località sono raggruppate secondo l’intensità del sisma.
Mappa macrosismica del terremoto dell’Irpinia del 1980. Ogni linea che contiene un’area di colore diverso, racchiude le località di uguale grado di intensità (isolinea), cioè le aree che hanno subìto lo stesso grado di danneggiamento.
Mappa macrosismica del terremoto dell’Irpinia del 1980.
Ogni linea che contiene un’area di colore diverso, racchiude le località di uguale grado di intensità (isolinea), cioè le aree che hanno subìto lo stesso grado di danneggiamento.
La magnitudo Richter ML e la scala Mercalli-Cancani-Sieberg sono due misure estremamente diverse: la prima è ottenuta utilizzando i sismometri; la seconda è una classificazione degli effetti del terremoto su persone e cose. Sono misure non sempre correlabili; terremoti forti in zone disabitate o con edifici antisismici non causano danni e hanno quindi gradi bassi di intensità. Viceversa, piccoli terremoti in aree con costruzioni non adeguate possono provocare danni e determinare gradi alti di intensità.

 Quale magnitudo?

I sismologi indicano la dimensione di un terremoto in unità di magnitudo. Sono molti e diversi tra loro i modi con cui la magnitudo è misurata a partire dai sismogrammi perché ogni metodo funziona solo su un intervallo limitato di magnitudo e di distanze epicentrali, oltre che con differenti tipi di sismometri. Alcuni metodi sono basati su onde di volume (che viaggiano in profondità all’interno della struttura della Terra), alcuni basati su onde superficiali (che viaggiano soprattutto lungo gli strati superficiali della Terra) e alcuni basati su metodologie completamente diverse. Tuttavia, tutti i metodi sono progettati per raccordarsi ben oltre l’intervallo di magnitudo dove sono affidabili. Valori preliminari di magnitudo, basati su dati incompleti ma disponibili già dopo poche decine di secondi dal terremoto vengono comunicati al Dipartimento della Protezione Civile e riportati su web. Tali valori preliminari di magnitudo, che possono differire dalla magnitudo definitiva anche notevolmente (circa 0.5), sono sufficienti per scopi di protezione civile e sono sostituiti da stime più accurate di magnitudo non appena altri dati sono disponibili. Nella maggior parte dei casi, la prima stima della magnitudo fornita dalla Sala Simica dell’INGV di Roma è la magnitudo Richter o magnitudo locale ML. Per eventi di magnitudo maggiore di circa 3.5, se ci sono dati disponibili, si calcola il meccanismo focale con la tecnica del Time Domain Moment Tensor (TDMT, http://cnt.rm.ingv.it/tdmt) e si ottiene anche la Magnitudo Momento MW.

 Quanto dura un terremoto?

La durata della percezione di un terremoto dipende dalla magnitudo dell’evento, dalla distanza dell’ipocentro e dalla geologia del suolo sul quale ci si trova. Inoltre, nel caso in cui il sisma sia avvertito all’interno di un edificio, l’altezza dello stabile e la tipologia edilizia influenzano fortemente l’intensità e la durata della percezione dell’evento. In genere la durata percepita va da pochi secondi a più di un minuto a seconda delle condizioni prima descritte.
Di seguito una spiegazione dettagliata della questione.
La “durata di un terremoto” non è definibile in modo univoco, in quanto quello che può essere calcolato dai dati strumentali non coincide con la durata dello scuotimento percepito dalle persone.
Ci sono, infatti, due modi di pensare la durata di un terremoto: il primo è il tempo necessario affinché la faglia (la sorgente del terremoto) si rompa e il secondo è il tempo di scuotimento percepito da una persona in un dato punto.
Il primo è un dato che, anche se non in modo immediato, viene calcolato analizzando i segnali sismici registrati. La durata dello scuotimento in un determinato punto, invece, la si può conoscere solo avendo una stazione sismica esattamente in quel punto. Anche in questo modo, va considerato che la durata dello scuotimento misurata da uno strumento è sempre maggiore di quella percepita da una persona nello stesso punto, in quanto gli strumenti sono molto più sensibili dell’uomo e registrano anche scuotimenti impercettibili.
durata
Il terremoto è causato dall’improvviso scorrimento (o rottura) di due blocchi di crosta lungo una frattura, chiamata faglia. La durata della rottura (o scorrimento) della faglia è legata sia a quanto tempo un punto sulla faglia impiega a scorrere e sia al tempo necessario affinché la rottura si propaghi lungo la faglia. Bisogna infatti pensare a un terremoto come un’area piuttosto che a un punto (come per convenzione viene rappresentato l’epicentro sulle mappe). Il terremoto inizia in un punto (l’ipocentro) e poi la rottura si propaga lungo la faglia a circa 3 km/s. Quindi, maggiore è l’area della faglia che si rompe, maggiore è la durata del terremoto. Quanto più estesa è l’area della faglia che si rompe, tanto più grande è la magnitudo del terremoto. Quindi c’è una relazione generale tra la durata e la magnitudo di un terremoto.
Il motivo per cui non è possibile indicare rapidamente questo tipo di durata sui siti web e sulle applicazioni INGV (come per tutti i centri di ricerca sui terremoti) è che il calcolo di quanto tempo una faglia ci ha messo a rompersi non è immediato.
La durata dello scuotimento in un punto sul terreno dipende da quanto tempo il terremoto impiega a verificarsi e da come le onde si muovono attraverso il terreno fino a quel punto. Inoltre, particolari caratteristiche geologiche (terreni incoerenti, sedimenti alluvionali, ecc) possono produrre effetti di amplificazione e far durare lo scuotimento più a lungo di quanto accade su suoli rigidi come per esempio una roccia solida (granito, calcare, ecc.).
Altro aspetto importante da sottolineare per comprendere la percezione della durata di un terremoto è che, nel caso in cui il sisma sia avvertito all’interno di un edificio, l’altezza dello stabile e la tipologia edilizia influenzano fortemente l’intensità e la durata dell’evento.
Essendo quindi la durata dello scuotimento molto variabile da luogo a luogo in funzione della distanza e delle condizioni locali, diventa difficile fornirne una misura unica e significativa.

 Come si calcola l’epicentro di un terremoto?

Per comprendere il principio di un metodo di localizzazione epicentrale, la figura sotto mostra il metodo che veniva usato quanto gli strumenti sismici erano pochi e non esistevano i calcolatori. Il cosiddetto metodo dei cerchi è basato sulla differenza tra il tempo di arrivo delle onde P e quello delle onde S che si possono determinare sui sismogrammi, ottenendo dopo qualche calcolo, la distanza tra l’epicentro e la stazione dove si trova il sismometro. Tracciando, intorno alla stazione, un cerchio di raggio pari alla distanza appena calcolata, e ripetendo lo stesso procedimento per almeno altre due stazioni si può calcolare dove si trova l’epicentro: nel punto in cui si incrociano le rette passanti per i punti di intersezione tra le varie circonferenze.
Il calcolo dell’epicentro di un terremoto
Il calcolo dell’epicentro di un terremoto
Oggi il calcolo di un ipocentro di un terremoto in Italia viene fatto in maniera automatica e in meno di un minuto dai calcolatori che analizzano i sismogrammi digitali che vengono rilevati dalle centinaia di sismometri che compongono la Rete Sismica Nazionale. L’intervento dei sismologi, presenti nella sala operativa di monitoraggio sismico dell’INGV 24 ore al giorno, è comunque importante per rivedere i tempi di arrivo delle onde P ed S, per verificare la magnitudo, la profondità ipocentrale e seguire l’andamento dell’attività sismica, soprattutto in caso di sequenze.
I dati di ogni terremoto di magnitudo superiore o uguale a 2.5 che avviene in Italia vengono comunicati al Dipartimento di Protezione Civile dopo pochissimi minuti e pubblicati successivamente sul sito web dell’INGV.
panoramica-sala-2
La sala operativa di monitoraggio sismico dell’INGV di Roma.

Dopo quanto tempo da un terremoto vengono determinati ipocentro e magnitudo?
E dopo quanto tempo queste informazioni sono disponibili sui siti web dell’INGV e nell’App INGVterremoti?

Qui sono schematizzati i tempi del processo di localizzazione di un evento sismico, parallelamente ai tempi con cui l’INGV informa il Dipartimento della Protezione Civile per terremoti di magnitudo ML≥2.5.
Tempi_Comunicazioni
In 2 minuti da un evento è possibile avere una prima stima della posizione dell’epicentro, della profondità e della magnitudo del terremoto. Questa valutazione avviene in modo automatico e si basa sui dati inviati dalle stazioni sismiche più vicine all’evento.
In 5 minuti sono invece disponibili i sismogrammi di tutte le stazioni della Rete Sismica Nazionale interessate dal terremoto. In questo caso la stima, sebbene ancora automatica, risulta essere più precisa. I sismologi della Sala Operativa di Monitoraggio Sismico valutano velocemente queste stime, analizzano i dati, individuano i tempi con cui le onde P ed S arrivano alle diverse stazioni ed elaborano una localizzazione ed una magnitudo estremamente precise che vengono comunicate al Dipartimento della Protezione Civile entro 30 minuti dall’evento (in media dopo circa 10-15 minuti).
Tale informazione è la prima che viene rilasciata a media e cittadini attraverso i canali di comunicazione dell’INGV tra cui i siti internet INGV (http://cnt.rm.ingv.it e http://terremoti.ingv.it), l’account Twitter @ingvterremoti, la pagina Facebook INGVterremoti e l’applicazione per iPhone INGVterremoti.
Per alcuni eventi i tempi possono essere un po’ più lunghi ma mai oltre i 30 minuti. E’ il caso di alcuni terremoti che avvengono in mare, in aree vulcaniche o in zone geologicamente complesse. Sono in corso iniziative per ridurre i tempi di comunicazione consapevoli che anche un’informazione parziale ma tempestiva possa essere di grande importanza ai fini di protezione civile.

 Dove avvengono i terremoti in Italia?

Di solito i terremoti avvengono in zone già colpite in passato, dove lo sforzo tettonico causato dal movimento delle placche in cui è suddiviso il guscio esterno della Terra è maggiore. Ne consegue che anche l’accumulo sotterraneo di energia e deformazione è più grande. In Italia i terremoti più forti si sono verificati in Sicilia, nelle Alpi orientali e lungo gli Appennini centro-meridionali, dall’Abruzzo alla Calabria. Ma sono avvenuti terremoti importanti anche nell’Appennino centro-settentrionale e nel Gargano. Negli ultimi 1.000 anni ci sono stati circa 260 di magnitudo Mw pari o superiore a 5.5 – in media uno ogni quattro anni (CPTI11).
I terremoti recenti sono distribuiti maggiormente proprio in quelle zone che in passato hanno conosciuto i massimi valori di intensità sismica e quindi, i terremoti tendono a ripetersi sempre negli stessi posti. Negli ultimi 30 anni i sismometri hanno registrato più di 190.000 eventi sismici in Italia e nei Paesi confinanti, in gran parte concentrati nelle aree montuose e nelle zone vulcaniche. La maggior parte di questi non è stata avvertita dalla popolazione e sono 45 i terremoti che hanno avuto una magnitudo Richter ML pari o superiore a 5.0.
La sismicità dal 1985 al 2014. Sono mostrati i terremoti di magnitudo ML≥2.0 registrati dalla Rete Sismica Nazionale (Dati: Iside, http://iside.rm.ingv.it)
La sismicità dal 1985 al 2014. Sono mostrati i terremoti di magnitudo ML≥2.0 registrati dalla Rete Sismica Nazionale (Dati: Iside, http://iside.rm.ingv.it)
Confrontando le due mappe, può sembrare che in questi ultimi anni siano avvenuti più terremoti che in passato. In realtà l’implementazione e lo sviluppo tecnologico della rete di monitoraggio sismico, avvenuti dopo il 1980, hanno permesso di registrare terremoti sempre più piccoli, quasi impercettibili. Questi terremoti avvenivano certamente anche in passato, ma non esistevano strumenti per registrarli e quindi non ne è rimasta traccia.

 I più forti terremoti in Italia dal 1900 in poi

Dal 1900 ad oggi si sono verificati 30 terremoti molto forti (Mw≥5.8), alcuni dei quali sono stati catastrofici. Qui di seguito li riportiamo in ordine cronologico. Il più forte tra questi è il terremoto che nel 1908 distrusse Messina e Reggio Calabria.

 Il monitoraggio sismico e l’INGV

I terremoti catastrofici avvenuti in Italia e nel mondo ci hanno insegnato che un’informazione rapida e precisa è indispensabile affinché la Protezione Civile possa organizzare i primi soccorsi nelle zone colpite.
La Rete Sismica Nazionale, la rete di monitoraggio sismico gestita dall’INGV
La Rete Sismica Nazionale, la rete di monitoraggio sismico gestita dall’INGV.

Per questo l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia dal 1980 ad oggi ha installato e gestisce circa 350 stazioni sismiche su tutto il territorio nazionale. Sono postazioni fisse, dotate di strumenti che rilevano ogni minimo movimento del suolo. Insieme formano la Rete Sismica Nazionale, il cui “cervello” è la Sala Operativa di monitoraggio sismico di Roma.
La sala operativa di monitoraggio sismico di Roma.
La sala operativa di monitoraggio sismico dell’INGV di Roma.

Altre Sale Operative dell’INGV a Napoli e Catania sorvegliano le zone vulcaniche in attività: quella del Vesuvio e Campi Flegrei, quella dell’Etna e i vulcani delle Isole Eolie. Per 365 giorni l’anno, 24 ore su 24, le tre sale operative controllano l’attività sismica e vulcanica del territorio nazionale e del bacino mediterraneo. Questo lavoro di sorveglianza viene svolto da tecnici specializzati, sismologi e vulcanologi, che studiano ed elaborano i dati trasmessi in tempo reale dalle stazioni della Rete Sismica Nazionale.
Una delle stazioni di monitoraggio della Rete Sismica Nazionale.
Una delle stazioni di monitoraggio della Rete Sismica Nazionale.

In caso di terremoto si può quindi avere un’analisi accurata del fenomeno e trasmettere in pochi minuti al Dipartimento di Protezione Civile la posizione dell’ipocentro, la magnitudo Richter ML, la lista delle località più vicine all’epicentro. Tali informazioni sono fondamentali per ottenere una stima preliminare dei possibili effetti al fine di valutare le risorse necessarie da mettere in campo per gestire le eventuali emergenze.

 La pericolosità sismica

Con pericolosità sismica si intende lo scuotimento del suolo atteso in un sito a causa di un terremoto. Essendo prevalentemente un’analisi di tipo probabilistico, si può definire un certo scuotimento solo associato alla probabilità di accadimento nel prossimo futuro. Non si tratta pertanto di previsione deterministica dei terremoti, obiettivo lungi dal poter essere raggiunto ancora in tutto il mondo, né del massimo terremoto possibile in un’area, in quanto il terremoto massimo ha comunque probabilità di verificarsi molto basse.
Nel 2004 è stata rilasciata questa mappa della pericolosità sismica (http://zonesismiche.mi.ingv.it) che fornisce un quadro delle aree più pericolose in Italia. La mappa di pericolosità sismica del territorio nazionale (GdL MPS, 2004; rif. Ordinanza PCM del 28 aprile 2006, n. 3519, All. 1b) è espressa in termini di accelerazione orizzontale del suolo con probabilità di eccedenza del 10% in 50 anni, riferita a suoli rigidi (Vs30>800 m/s; cat. A, punto 3.2.1 del D.M. 14.09.2005). L’Ordinanza PCM n. 3519/2006 ha reso tale mappa uno strumento ufficiale di riferimento per il territorio nazionale.
Nel 2008 sono state aggiornate le Norme Tecniche per le Costruzioni: per ogni luogo del territorio nazionale l’azione sismica da considerare nella progettazione si basa su questa stima di pericolosità opportunamente corretta per tenere conto delle effettive caratteristiche del suolo a livello locale.
I colori indicano i diversi valori di accelerazione del terreno che hanno una probabilità del 10% di essere superati in 50 anni. Indicativamente i colori associati ad accelerazioni più basse indicano zone meno pericolose, dove la frequenza di terremoti più forti è minore rispetto a quelle più pericolose, ma questo non significa che non possano verificarsi.
Gli scuotimenti più forti, con valori delle accelerazioni del suolo superiori a 0.225 g (g = 9,81 m/s2, accelerazione di gravità), sono attesi in Calabria, Sicilia sud-orientale, Friuli-Venezia Giulia e lungo tutto l’Appennino centro-meridionale. Valori medi sono riferiti alla Penisola Salentina, lungo la costa tirrenica tra Toscana e Lazio, in Liguria, in gran parte della Pianura Padana e lungo l’intero Arco Alpino. La Sardegna è la regione meno pericolosa con valori di scuotimento atteso moderati.

 Le zone sismiche

Ai fini di prevenzione, fino al 2008, i valori probabilistici di pericolosità sono stati semplificati in classi, ad ognuna delle quali corrispondevano i parametri per la progettazione degli edifici.
Successivamente le Norme Tecniche per le Costruzioni hanno imposto invece criteri di progettazione riferiti direttamente ai valori della mappa di pericolosità per ogni luogo del territorio nazionale. La zonazione sismica resta in vigore come strumento amministrativo delle Regioni, per politiche di prevenzione, interventi di riduzione del rischio, studi sulla valutazione della vulnerabilità degli edifici o di risposta del terreno (microzonazione). Le Regioni, secondo indirizzi e criteri stabiliti a livello nazionale, possono modificare la classificazione del proprio territorio.
Il territorio italiano è suddiviso in 4 zone:
  • zona 1 dove forti terremoti sono molto probabili;
  • zona 2 e zona 3 con eventi forti e mediamente poco frequenti, o terremoti moderati ma frequenti;
  • zona 4 con rari eventi di energia moderata. Forti terremoti, seppur molto rari, sono comunque possibili.
Generalizzando, gli edifici in zona 1 devono essere capaci di resistere, senza crollare, ad un forte terremoto e ancor più a terremoti di energia inferiore. In zona 4 è necessario almeno tutelare la sicurezza di edifici strategici e di elevato affollamento.

 Cos’è il rischio sismico?
Il rischio sismico è la stima del danno atteso come conseguenza dei terremoti che potrebbero verificarsi in una data area e dipende da:
  • pericolosità dell’area, cioè lo scuotimento sismico che è ragionevole attendersi in un dato intervallo di tempo;
  • esposizione, cioè la presenza di persone e cose che potrebbero essere danneggiate (edifici, infrastrutture, attività economiche…);
  • vulnerabilità degli edifici e delle infrastrutture dell’area, cioè la loro maggiore o minore propensione a essere danneggiati dai terremoti.
Una zona a pericolosità sismica molto elevata, ma priva di attività umane ha un rischio sismico molto basso. Al contrario, una zona a pericolosità sismica bassa, ma molto popolata, o i cui edifici siano mal costruiti o mal conservati, ha un livello di rischio sismico molto elevato, poiché anche un terremoto moderato potrebbe produrre conseguenze gravi.
La vulnerabilità degli edifici, che dipende dal tipo di costruzione e dal suo livello di manutenzione, resta il fattore principale su cui si può intervenire per ridurre il rischio da terremoto di ogni zona.
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Il rischio sismico.

 IO NON RISCHIO – Buone pratiche di protezione civile

Promuovere un ruolo attivo dei cittadini nel campo della prevenzione è l’obiettivo principale di IO NON RISCHIO: campagna informativa nazionale sui rischi naturali e antropici che interessano il nostro Paese. IO NON RISCHIO terremoto si svolge in località a elevata pericolosità sismica e in alcune grandi città in cui si possono avvertire forti terremoti. L’iniziativa è promossa e realizzata da: Dipartimento della Protezione Civile, ANPAS, INGV e Reluis, in accordo con le Regioni e i Comuni interessati.
Il rischio sismico riguarda tutti e ognuno deve fare la sua parte. Lo Stato migliora la conoscenza del fenomeno e dei suoi effetti, attraverso il monitoraggio del territorio e lo sviluppo di studi specifici; promuove e attua politiche di riduzione della vulnerabilità del patrimonio edilizio pubblico e privato, per rendere più sicuri case, scuole, ospedali, beni culturali e strutture per la gestione dell’emergenza; aggiorna la classificazione sismica e la normativa, indicando i criteri per la costruzione nelle zone a rischio e per una corretta pianificazione del territorio; realizza programmi di formazione, esercitazioni e attività di sensibilizzazione della popolazione.
Il singolo cittadino deve, prima di tutto, informarsi: sapere qual è il livello di pericolosità del proprio Comune, conoscere il Piano di emergenza comunale, individuare l’area di attesa più vicina. Deve rendere più sicuro lo spazio in casa o al lavoro, fissando arredi e distribuendoli in modo razionale. Deve, inoltre, accertarsi che la sua casa sia stata costruita con i criteri previsti dalle norme sismiche della zona in cui si trova e seguire tali norme in caso di ristrutturazione.
Infine, è necessario imparare ad affrontare le situazioni di emergenza con calma e responsabilità.
Visita il sito www.iononrischio.it.

Cosa fare prima

Con il consiglio di un tecnico
A volte basta rinforzare i muri portanti o migliorare i collegamenti fra pareti e solai: per fare la scelta giusta, fatti consigliare da un tecnico esperto.
Da solo, fin da subito
Allontana mobili pesanti da letti o divani.
Fissa alle pareti scaffali, librerie e altri mobili alti; appendi quadri e specchi con ganci chiusi, che impediscano loro di staccarsi dalla parete.
Metti gli oggetti pesanti sui ripiani bassi delle scaffalature; su quelli alti, puoi fissare gli oggetti con del nastro biadesivo.
In cucina, utilizza un fermo per l’apertura degli sportelli dei mobili dove sono contenuti piatti e bicchieri, in modo che non si aprano durante la scossa.
Impara dove sono e come si chiudono i rubinetti di gas, acqua e l’interruttore generale della luce.
Tieni in casa una cassetta di pronto soccorso, una torcia elettrica, una radio a pile, e assicurati che ognuno sappia dove sono.
Informati se esiste e cosa prevede il Piano di emergenza comunale: se non c’è, pretendi che sia predisposto, così da sapere come comportarti in caso di emergenza.
Elimina tutte le situazioni che, in caso di terremoto, possono rappresentare un pericolo per te o i tuoi familiari.
Impara quali sono i comportamenti corretti durante e dopo un terremoto e, in particolare, individua i punti sicuri dell’abitazione dove ripararti durante la scossa.

Durante un terremoto

Se sei in un luogo chiuso
Mettiti nel vano di una porta inserita in un muro portante (quello più spesso), vicino a una parete portante o sotto una trave, oppure riparati sotto un letto o un tavolo resistente. Al centro della stanza potresti essere colpito dalla caduta di oggetti, pezzi di intonaco, controsoffitti, mobili, ecc.
Non precipitarti fuori, ma attendi la fine della scossa.
  
Se sei in un luogo aperto
Allontanati da edifici, alberi, lampioni, linee elettriche: potresti essere colpito da vasi, tegole e altri materiali che cadono.
Fai attenzione alle altre possibili conseguenze del terremoto: crollo di ponti, frane, perdite di gas ecc.

 

 

Dopo un terremoto

Assicurati dello stato di salute delle persone attorno a te e, se necessario, presta i primi soccorsi.
Prima di uscire chiudi gas, acqua e luce e indossa le scarpe. Uscendo, evita l’ascensore e fai attenzione alle scale, che potrebbero essere danneggiate.
Una volta fuori, mantieni un atteggiamento prudente.
Se sei in una zona a rischio maremoto, allontanati dalla spiaggia e raggiungi un posto elevato.
Limita, per quanto possibile, l’uso del telefono.
Limita l’uso dell’auto per evitare di intralciare il passaggio dei mezzi di soccorso.
Raggiungi le aree di attesa previste dal Piano di emergenza comunale.

 E’ possibile ricevere notifiche sul proprio telefono/smartphone non appena ipocentro e magnitudo di un terremoto sono disponibili?

Se sei iscritto a Twitter ed hai installata l’App Twitter sul tuo telefono, ti invitiamo a seguire @ingvterremoti.
Il servizio consiste essenzialmente nel rapido rilascio di un tweet con i parametri principali di un terremoto (data, ora, epicentro, profondità, magnitudo) di magnitudo ML≥2.0 non appena vengono calcolati dai sismologi della Sala di Monitoraggio Sismico dell’INGV.
Tramite Twitter è possibile inoltre attivare le notifiche sul telefono/computer per essere avvertiti immediatamente dopo che il dato è disponibile.
Istruzioni per l’iPhone
Trova @ingvterremoti dall’App Twitter del tuo dispositivo. Premi su Segui @ingvterremoti
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Premi sull’icona “Impostazioni”
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Premi il pulsante Attiva le notifiche
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Istruzioni per Android
Trova @ingvterremoti dall’App Twitter del tuo dispositivo. Premi su Segui @ingvterremoti
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Premi sulla stella, che diventerà gialla attivando le notifiche
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Alcune delle immagini di questa pagina sono prese dal libro: Nostro C., Baroux E., Tertulliani A., Casale P., Castellano C., Ciaccio M. G., Frepoli A., Graziani L., Maramai A., Pignone M., Pino N.A., Di Laura F., Luciani R., Libro: Terremoti e Maremoti: come conoscerli per prevenirne i rischi, INGV – Giunti Progetti Educativi, 2010.